Non chiamarla pigrizia o stanchezza: si chiama depressione, ed è una lotta continua e silenziosa

di Simone Fabriziani

09 Maggio 2019

Non chiamarla pigrizia o stanchezza: si chiama depressione, ed è una lotta continua e silenziosa
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Se ne sentono dire tante sulla depressione, eppure questo disagio psicologico è ancora sotto il forte stigma del pregiudizio, della leggerezza comune. Solitamente associato a persone dal carattere meno forte e più soggette a debolezze nei confronti di alcuni eventi più o meno traumatici della propria vita, la depressione è tuttavia una patologia che deve necessariamente tornare alla luce della ribalta della consapevolezza generale.

Perché la depressione, nonostante tutto e tutti, non è pigrizia ma una lotta continua.

via scarymommy.com

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Spesso chi soffre di questa patologia viene definito, a torto, lamentoso e poco attivo nella vita di tutti i giorni, incapace di eseguire con correttezza, lucidità mentale, ed energia psicofisica, gli impegni della vita quotidiana. Non è dunque un caso che la maggioranza di chi ne soffre preferisce "nascondersi" sotto le coperte del proprio letto, scegliendo la via del sonno come medicina per le ansie, le paure e le pene che lo affliggono e di cui si prova sempre moltissima vergogna nel parlarne. Una vera e propria lotta quotidiana con sé stessi , contro il proprio "io" interiore frantumato, alla disperata ricerca di un modo per rimetterlo in piedi.

Se dunque la depressione, in via del tutto pregiudiziale ai più, risulta all'apparenza noia e pigrizia nell'alzarsi dal letto, lavarsi, vestirsi ed affrontare le innumerevoli sfide della giornata, questa è tutt'altro che debolezza.

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La depressione non è nemmeno mancanza di fede o religiosità, essa ha a che fare con i conflitti interiori irrisolti, che sono come una vera e propria marea che travolge chi ne soffre e tenta di ingoiarlo. Molte persone, ascoltando le "lamentele" delle persone meno forti non fanno altro che rispondere con un incoraggiante, ma piuttosto sterile, "vedrai che tutto passerà", aumentando la sensazione psicologica di solitudine verso la quale il soggetto scivola sempre più velocemente. Ma c'è una via d'uscita.

L'auto concreto di persone valide, di veri amici che sappiano comprenderci fino a fondo, lontani da ogni tipo di pregiudizio, o di persone altamente qualificate nel supporto psicologico, come le figure professionali dei terapeuti; queste sono le vie di uscita che bisogna percorrere. Solo grazie alle loro mani che ci tendono amorevolmente si può tornare pian piano a sorridere, a ritrovare timidamente un equilibrio interiore, e una pace nella propria casa che mancava da tanto, troppo tempo.

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