Certe persone non riconoscono l'aiuto che diamo loro, fino a quando non glielo facciamo mancare

di Laura Gagliardi

21 Febbraio 2019

Certe persone non riconoscono l'aiuto che diamo loro, fino a quando non glielo facciamo mancare
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L'aiuto è un bene prezioso, perché rinsalda le relazioni sociali ed in generale, la sensazione di appartenenza ad una famiglia umana; ecco perché chi lo sperimenta – in un senso o nell'altro – non si sente più solo, e, nel sentirsi pervadere il cuore da un calore rassicurante, sta meglio.

Tuttavia è necessario essere sempre consapevoli del valore dell'aiuto; poiché dimenticandolo si rischia di far diventare invisibile chi lo offre, o di dare troppo esaurendo la propria energia vitale.

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rawpixel/unsplash

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Quando diamo agli altri senza che questi riconoscano il valore del nostro gesto, rischiamo di incorrere nella "sindrome della garanzia": basata sulla capacità di adattamento, si può descrivere come un processo attraverso il quale le persone si abituano rapidamente a situazioni e relazioni. Pertanto essa comporta che, dopo la prima volta, l'aiuto sarà in seguito dato per scontato, in virtù di un meccanismo di desensibilizzazione psicologica di chi lo riceve. 

Non si tratta di dare per ricevere qualcosa, quanto piuttosto di creare un legame emotivo profondo fondato sulla gratitudine ed il riconoscimento. Secondo lo psicologo Adam Grant, infatti, le relazioni sono rappresentabili come una linea, dove agli estremi troviamo "dare" e "ricevere": sebbene in alcuni momenti della vita possiamo trovarci più vicino ad un estremo che ad un altro, l'ideale è trovarsi in un punto intermedio. Altrimenti, aiutare diventa un peso psicologico.

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Helping Hand on Old Rag/Wikimedia

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L'aiuto ha, infatti, dei limiti ben precisi; come sosteneva Pitagora, "aiuta il tuo amico a sollevare il fardello, ma non sottrarglielo". L'empatia – presupposto dell'aiuto – rischia di svuotare emotivamente chi la esercita di continuo al punto da diventare il pilastro portante della vita di altri. In uno studio della Northwestern University sui genitori di 247 adolescenti, è emerso che sebbene un atteggiamento più empatico abbia migliorato le relazioni familiari, nel momento in cui è diventato eccessivo, coinvolgendo troppo i genitori nei problemi dei figli, ha scatenato un profondo stress.

Ciò significa che farsi carico dei problemi altrui, senza poter decidere o agire in loro vece, aumenta il nostro carico psicologico e fisiologico, rendendoci più vulnerabili.

Pertanto, è bene e giusto aiutare gli altri, ma senza sostituirsi ad essi, e ricordando sempre di prendersi cura anche di se stessi.

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