"Non ero pronta": una mamma lavoratrice spiega in lacrime perché 12 settimane di maternità non sono sufficienti

di Marta Mastrogiovanni

10 Marzo 2021

"Non ero pronta": una mamma lavoratrice spiega in lacrime perché 12 settimane di maternità non sono sufficienti
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Avere un bambino non è una passeggiata e dopo aver partorito la dona ha la necessità fisica di rimanere a riposto per un certo periodo. Rimanere a riposo ma doversi prendere cura di un neonato, sembrano due attività profondamente in contrasto tra loro, ma in questo caso certamente inevitabili. Oltretutto, una neo-mamma deve anche considerare il momento in cui dovrà tornare sul posto di lavoro, se si tratta di una lavoratrice. Al giorno d'oggi sono tantissime le donne che pur lavorando scelgono di avere un figlio - una scelta piuttosto normale e condivisibile. Allo stesso modo, però, molti datori di lavoro non sono sempre dello stesso avviso. Tralasciando le ingiustizie che pervadono costantemente gli ambienti lavorativi, in particolar modo nei confronti delle donne incinte, dobbiamo riconoscere il fatto che quest'ultima categoria ha "sempre" il diritto di andare in maternità e, dunque, di assentarsi dal lavoro per un certo numero di giorni che saranno comunque retribuiti. Ma funziona davvero così in ogni parte del mondo?

via Linkedin / Rachael Larsen

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Rachael Larsen è una giovane donna lavoratrice e mamma di due bambini. Quando partorì la sua seconda figlia, ebbe diritto a 12 settimane di maternità, proprio come previsto dalle leggi americane. La donna ha voluto condividere con il web quanto questo periodo di maternità sia totalmente inadeguato alla mole di attenzioni e di lavoro che un genitore, in particolare la madre, deve affrontare nei primi mesi di vita del bambino. Rachel ha pubblicato una foto di se stessa in lacrime: era il suo primo giorno di rientro al lavoro. La donna sa di essere una privilegiata e sottolinea il fatto di adorare il proprio lavoro, ma tutti i fattori positivi di cui è ben consapevole, non bastano a compensare la forte instabilità emotiva e fisica che ha provato nel dover tornare a lavoro con sua figlia di appena tre mesi (quasi).

"Quella notte mi ero svegliata 5 volte per allattare mia figlia" ha ricordato Rachel, la quale ha impiegato 4 anni di lunghe riflessioni prima di pubblicare quella foto e di condividere la sua esperienza traumatica.

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Pexels / Not the actual photo

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Rachel sostiene di aver impiegato così tanto tempo a condividere questo suo pensiero, perché sa bene che la risposta di molte persone sarebbe stata estremamente critica nei confronti del suo desiderio esplicito di essere una madre serena e, al tempo stesso, una donna con una carriera. "La pressione per le donne è maggiore e te ne puoi rendere conto anche solo dai commenti maleducati che si ricevono" ha detto Larsen. La donna, in effetti, ha ricevuto tutti i tipi di reazioni possibili ed immaginabili alla sua confessione, molti dei quali, fortunatamente, erano di supporto e comprensione. Altri, invece, hanno puntato a sollevare la polemica: "Potevi pensarci prima di avere dei figli!".

In America la legislazione prevede che una mamma può prendersi 12 settimane di pausa dal lavoro, dal momento in cui partorisce. Ogni Paese gestisce questo aspetto dei diritti del lavoro in maniera diversa, con misure più o meno adeguate. Sotto il post di Rachel sono comparse molte testimonianze da parte di mamme provenienti da tutto il mondo. Molte hanno confermato il fatto che 12 settimane sono troppo poche per potersi assestare. Secondo un rapporto dell'Unicef del 2019, che ha analizzato quali sono i Paesi più ricchi che agiscono in maniera più adatta nei confronti delle famiglie, l'Estonia risulterebbe in testa: qui, per le neo mamme sono previste oltre 80 settimane di congedo a piena retribuzione. Voi cosa ne pensate?

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